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Le Camere di Commercio secondo Vincenzo Regnini |
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Vincenzo Regnini
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Il sistema camerale è un poltronificio o il migliore tra quelli della pubblica amministrazione? La riforma più difficile del pacchetto Madia |
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di Rosella Vivio
venerdì 19 febbraio 2016 - 14:18
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Le Camere di Commercio sono baracconi, stipendifici e
poltronifici utili alla politica o istituzioni dedicate
unicamente a promuovere e sostenere le imprese nell’interesse delle economie
locali e dei territori? Dipende. Confindustria nel luglio del 2014 scrisse al
primo ministro Renzi definendo quello camerale un «sistema oneroso e ridondante
rispetto alle attività svolte». Per il presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello,
invece, ancorchè bisognoso di «revisione» non solo non va dismesso, ma ha
bisogno di una riforma che lo «valorizzi e non disperda il patrimonio di
professionalità rappresentato dai dipendenti che sono il principale asset
dell’azione delle Camere di commercio». Comunque la si pensi, è certo che il riordino delle
Camere di Commercio è uno dei più delicati della riforma Madia e da voci vicine
al ministro sembra che il decreto attuativo ancora in discussione non avrà una
nascita veloce. Perché riformare facendo attenzione a non buttare via il
bambino insieme all’acqua sporca semplice non è. In attesa del difficile parto
ne parliamo con Vincenzo Regnini, presidente della Camera di Commercio di Rieti.D. Sembra di capire che
il ministero per lo Sviluppo economico, Economia e quello delle Semplificazioni
e della Pa abbiano iniziato il riassetto camerale togliendovi la principale
fonte di sostentamento, i diritti annuali. R. Sì. Le Camere di Commercio vivono grazie al
contributo annuale versato da ogni impresa iscritta o annotata nel Registro
delle imprese. Ridurlo del 50%nel 2017 vuol dire toglierci risorse per pagare
l’offerta dei servizi. D. Ma la
riorganizzazione del sistema è necessaria o no?R. Allora,
dico subito che non soffro dell’effetto Nimby, non nel mio giardino. È da tempo
che le imprese chiedono la
semplificazione del sistema della pubblica amministrazione. Sarebbe assurdo
pensare che si modificano le province, le prefetture e che non venga toccato il
sistema camerale. Detto ciò, si pone immediatamente il tema del modo in cui fare
una buona riforma. D. E quale potrebbe
essere il modo giusto secondo lei?R. Bisogna
partire da una domanda: che Italia vogliamo e che tipo di pubblica
amministrazione serve alla modernità. L’Italia deve diventare il paese delle
megalopoli o deve restare il paese dei territori, dei comuni, delle tradizioni,
della cultura diffusa? Io penso che sia giusto erogare servizi in maniera più
efficiente, ma non sguarnendo i territori. È sicuro che le piccole imprese
presenti sui mille comuni italiani si avvantaggerebbero dello sconto di una
cinquantina di euro? Non sarebbe meglio diminuire le tasse? D. Come ha detto
sono proprio le imprese a soffrire per una p.a. elefantiaca, inefficiente,
lenta e disincentivante e meno dispendiosa.R. Certo.
Ma più che la spesa andrebbero ridotti gli sprechi. Anche io penso che il fatto
che a Bruxelles di internazionalizzazione delle imprese si occupino i comuni,
le province, le regioni, le camere di commercio, l’Ice e via dicendo, sia uno
spreco, ma trovo un azzardo demolire l’ ente che negli anni ha dato maggior
prova di voler migliorare l’offerta di servizi. Siamo stati i primi a investire
sulla informatizzazione e sulla trasparenza del Registro delle imprese. Oggi,
grazie ad una collaborazione che arriva dalle imprese, dal contribuente, dal
commercialista, dall’associazione abbiamo bilanci editabili, leggibili,
fruibili, esaminabili. È dal ’96 che ci si sta lavorando. Io ho trovato già
molto lavoro fatto. Oggi, chiunque viene a chiedere il bilancio di un’azienda riceve
una risposta. E grazie al registro pubblico chiunque può sapere se Vincenzo,
per dire, ha tentacoli in dieci o più società. Questo serve anche a sostegno
della magistratura. Le funzioni delle Camere di Commercio, a mio vedere,
andrebbero valorizzate, clonate, amplificate, non sottoutilizzate.D. Non è proprio l’informatizzazione
del sistema a favorirne la riduzione? A cosa serve un sistema camerale diffuso
se il servizio di sportello è sostituito da quello immateriale del web?R.Personalmente sono favorevole ad un
ridisegno delle circoscrizioniterritoriali.
Ma come sarà fatto? Ci saranno accorpamenti tra due o più sedi? Si passerà da
sedi provinciali a una sede regionale? In quest’ultimo caso temo che per
l’impresa di Accumuli, per dire, la partita con un’impresa romana sarebbe
invincibile. Insomma, come dicevo all’inizio, bisogna pensare bene
all’interesse di tutti, grandi e piccoli.D. Torniamo sulle funzioni.
Non ne avete troppe? Quello della sovrapposizione è più di un rischio.R. Lo Stato
ci ha dato molti compiti ed è vero che alcune le facciamo in dieci. Ecco perché
dico che più della riduzione della spesa servirebbe ottimizzare i costi e definire
esattamente chi fa cosa e perché. Nessuno
nega la necessità di «costi standard». Ben venga la riduzione delle stazioni
appaltanti. Ben venga una centrale acquisti come Consip, ma se ci lasciassero
solo il Registro delle imprese diventeremmo inutili. D Secondo la riforma, consigli e
giunte dovrebbero avere meno componenti delle attuali e chi ne farà parte
opererà a titolo gratuito come la parte politica delle
province.R. Sì. Io mi
pongo una domanda: è giusto che a ricoprire un compito pubblico sia solo
qualcuno che può permetterselo? Secondo me non lo è. Questo renderà più
efficiente il sistema? Organi così costituiti quanto potranno impegnarsi per un
compito tanto serio? D. Il sistema camerale è nato per
promuovere l’attività delle imprese. La Camera di Commercio reatina quanto
aiuta quelle locali?R. Basta
andare sul nostro sito per vedere l’enorme quantità di lavoro che facciamo. E
senza il nostro aiuto, una volta scomparsa la Provincia e con le difficoltà di
bilancio del Comune, oggi realtà locali come l’Università che fine faranno? Ripeto,
a importare non sono le prebende e le poltrone ma la salvaguardia dei territori
e dipendenti. Noi ne abbiamo in tutto 15 più i 6 dell’Azienda speciale, a
livello nazionale sono 8000. Che fine faranno? Le buone riforme hanno bisogno
di gradualità e non di tagli lineari.P.S. È chiaro
che il presidente Regnini parla come parte in causa e sicuramente qualcuno
penserà che in realtà ha molto interesse a conservare la poltrona e il reddito
che gliene viene, tra compensi erogati e rimborso spese. È possibile. Ma è
innegabile che l’ente che presiede, a fronte di una diminuzione di risorse
dovuta al calo delle imprese negli anni, ha aumentato gli interventi e gli
utili a favore delle stesse. Proprio per questo, forse il soldato Ryan non va
abbattuto, ma solo aiutato a migliorare ancora le sue prestazioni.
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